Di tanto in tanto sulle colline dell’entroterra pesarese, in una antica dimora in mezzo al bosco, Chiara e Irene, due splendide fanciulle, forse fate, perpetuano uno dei riti più antichi e sacri dell’umanità: la panificazione.
Poco dopo la mezzanotte nella cucina della grande casa borbottano già le caffettiere che, insieme ai nottambuli amici gatti, terranno compagnia alle fanciulle per tutta la notte. Gli impasti, preparati già dal pomeriggio sono pronti per essere modellati in varie forme. Sono impasti fatti con nobili farine provenienti da coltivazioni che rispettano la terra e la vita; grano, farro, avena, grano saraceno; farine pure o mescolate a semi, tuberi e verdure.
Intanto il fuoco comincia a scaldare il gande forno nell’aia.
Non ci sono termometri, il momento in cui infornare lo si decide in base al colore della volta del forno, all’esperienza e all’intuito delle fanciulle. C’è tempo per un caffè e una fetta di ciambella di grano saraceno e farina di mandorle, poi si inizia a infornare. Tolta la brace il forno è caldo al punto giusto e pronto ad accogliere i pani.
Ed è l’alba quando il miracolo alchemico è compiuto, come sempre, da migliaia di anni. Il sole si sveglia curioso come le galline che razzolano intorno aspettando qualche crosta dorata. All’ora di colazione, l’ultimo caffè della notte accompagna bollente i morbidi e gustosi panini con cioccolata e uvetta appena sfornati.
Sarà una buona giornata, ormai ”L’odore del pane empie la casa” come direbbe Giovanni Pascoli.